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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

mercoledì 22 dicembre 2010

Stefano non mi risponderà più







gni tanto ci sentivamo anche dalla Francia.

(Avevamo persino lo stesso gestore, non molto diffuso).


Era capace di mandarti da un capo all'altro della terra con qualsiasi mezzo di trasporto. Quanto a lui, preferiva l'autobus, il più economico. A volte prendeva l'aereo, quando non metteva a repentaglio il suo calcolatissimo bilancio. Era molto soddisfatto del suo camper. Per comprarlo, di seconda mano, aveva rimandato l'acquisto della casa. Viveva in pochi metri quadrati, ma una delle prime cose che ci aveva messo era il pianoforte nuovo comprato per la sua donna. Una delle pochissime persone per le quali il motto "nella buona e nella cattiva sorte" è una regola di vita. Non ne ho incontrate molte. Coerente e coraggioso nelle sue scelte, a volte molto lontane dalle mie, grande viaggiatore. Lacrimoni sul tavolo della Réserve della BNF, col rischio di innaffiare qualche giuntina. Non va affatto bene.
Perdere un amico vuol dire perdere qualcuno che pensa che il mondo è un posto più interessante e migliore perché ci sei tu, e te lo fa capire. Vuol dire anche sentirsi soli. Perderlo così, vuol dire non riuscire nemmeno a concepire che quel che è successo sia reale. Era in macchina, con la sua giovanissima e brunissima moglie incontrata a Tbilisi al volante. La macchina non cammina, si accostano al lato della strada. Sempre razionale e disciplinato, aveva la cintura di sicurezza allacciata. Qualcuno li ha investiti in pieno, da dietro. Stefano non si è più svegliato, è morto ieri sera, dopo una settimana, il cervello pieno di sangue, nel giorno del solstizio d'inverno. Un giorno non qualunque, per un laureato in astronomia... Lei ha riaperto gli occhi all'ospedale, le stavano tagliando (sic) i vestiti da dosso. Non si ricorda nulla. Stamattina al telefono aveva la voce di una bambina col magone. Due giorni dopo l'incidente avrebbero festeggiato cinque anni di matrimonio. Un abbraccio fortissimo.

La foto di Beetlejuice risale al 2004 ed è stata fatta da Hubble. Dovrebbe essere sul sito della Nasa, ma sono riusicta a trovarla solo su wikipedia, voce "star".
Avrebbe dovuto fare da capolettera alla parola "ogni" che apre il post. Purtroppo non riesco a manovrare il layout in maniera da non fare appiccicare il testo all'immagine se è posta a sinistra e di evitare il salto delle righe dopo la foto. Lunga è la strada dell'editoria elettronica...

domenica 19 dicembre 2010

Bibliotecari necessari a Sala Borsa

La nuova canzone di Daniele Silvestri



mi sembra il migliore commento alla storia dei bibliotecari necessari di Bologna. Come raccontano qui (peccato che il sito non sia proprio l'optimum della leggibilità), in questi giorni si stanno definendo i tagli al servizio per il prossimo anno. Chiusura della grande biblioteca pubblica bolognese di Sala Borsa il lunedì - la domenica è già chiusa - probabili riduzioni dell'orario di apertura anche per le altre biblioteche pubbliche bolognesi. Sala Borsa è una biblioteca particolare, un punto di riferimento per tantissime persone. C'è chi ci ambienta dei racconti. Per molti dei bibliotecari che sono precari e lavorano tramite la cooperativa Working la chiusura significa una riduzione dell'orario lavorativo del 25% e ovviamente una riduzione dello stipendio. Significa inoltre riduzione dell'orario dedicato a lavori che fanno quando la biblioteca è chiusa (così ha deciso il committente), come la ricollocazione dei libri sugli scaffali (stiamo parlando di una biblioteca che effettua 2500 prestiti al giorno) e che adesso andranno svolti in minor tempo - mezz'ora raccontano i bibliotecari. Grazie alla facilità di modificare i contratti di lavoro del personale esternalizzato, la sempre vantata - anche nei manuali di biblioteconomia - "razionalizzazione delle spese" si traduce così in una mera riduzione dell'orario di lavoro e nell'intensificarsi dei ritmi del medesimo.
L'alternativa strategica dei bibliotecari necessari propone invece un ragionamento complessivo sulla politica bibliotecaria e in senso più lato, culturale. I finanziamenti per la cultura vanno, ovviamente, aumentati, rientrando in un capitolo di bilancio senza essere delegati a interventi sporadici e volontaristici di fondazioni o privati. A loro volta gli aumenti devono essere utilizzati per potenziare e migliorare strutture e servizi esistenti, quindi quelli di base, costantemente utilizzati da tutti i lettori. Assolutamente da evitare che le risorse siano adoperate per i cosiddetti "eventi" o per nuove strutture delle quali non si può garantire il funzionamento a lungo termine e magari non si sono nemmeno pianificate le funzioni in temini di politica culturale del territorio. Proprio in una prospettiva di valorizzazione delle strutture e dei servizi che io chiamerei "quotidiani", che reggono nella realtà il peso delle esigenze informative e culturali dei cittadini, cioè, quando si tratta di biblioteche, le loro richieste di informazione, cultura, studio e svago, si deve puntare a una stabilizzazione del personale precario, dato che questi bisogni non solo non si comprimono a fisarmonica, ma andrebbero come ogni buon bibliotecario sa, portati alla luce e indirizzati verso le biblioteche (per dirla in marchettese, promossi).
"Ah, ma la cultura non si mangia", dice qualcuno.
Provate l'ignoranza.

sabato 18 dicembre 2010

Un 14 dicembre

Mi aspettavo un giorno di lezioni come tanti altri, con momenti interessanti, altri meno. Ci sono stati in effetti, ma c'è stato anche molto altro.
Non mi sono ancora ripresa. Dall'effetto di sentire tutti gli altri parlare di tutto tranne che di quello che ci stava succedendo intorno e che prepara il nostro non-futuro, mentre un elicottero volava sopra la nostra testa in lunghi insistenti giri. Ah sì, alla fine qualche raccomandazione sulle strade da evitare rimandata dall'uno all'altro. Raramente avrei voluto essere, anzi ero, altrove come in quelle ore in cui, da bravi, "facevamo lezione". Ho orrore di questo paese. E di questa sua gente pure.

Oggi mi sento così

Avevo aperto il blog per scriverci tutt'altro. Ma poi lo scambio di lettere con un amico mi ha fatto andare a pesca nella rete e ho deciso di postare una vecchia canzone. .

domenica 5 dicembre 2010

Wikileaks risorsa autorevole?

Io non sono riuscita a entrare in Wikileaks. Volevo vedere come era organizzata la banca dati. Ma non ce l'ho fatta.

Come tanti, credo, anche io mi chiedo a cosa serva questa valanga di documenti improvvisamente accessibili su Wikileaks. Un grande favore fatto agli storici, ai documentalisti, ai catalogatori di RER open access? Magari! Cercate il bibliotecario di reference ;-). Non concedereste i vostri favori a chi vi mette a disposizione tanto bel materiale? Sul serio, chi altri se non queste categorie potrebbero andare in estasi per una simile massa di risorse finalmente - per quanto? accessibile? E quante disquisizioni sull'autorevolezza di queste fonti potremmo fare? Come facciamo a sapere se un documento del Dipartimento di stato ha proprio quella filigrana lì?
Che i diplomatici mandino rapporti più o meno riservati ai loro governi sui temi di loro interesse, come soldi, punti deboli, amicizie pericolose di amici e alleati, noi poi lo sappiamo da qualche secolo. Quegli inutili parassiti degli storici ci hanno permesso di dare un'occhiata persino ai dispacci segreti degli ambasciatori veneziani, già a partire dal XVI secolo (se cercate su SBN qui ne trovate molte di più).
Operazioni di questa portata fatte oggi da un pirata più o meno solitario? Mah. E a che scopo? Il rumore stesso dovuto alla mole di dati soffoca le informazioni circostanziate. Qui non siamo all'inchiodare gli USA alle responsabilità della guerra irachena. E' allo stesso tempo molto di più e molto meno utile, perché non sembra avere uno scopo preciso rivolto a illuminare un fatto preciso, se non dimostrare la vulnerabilità dell'odierna amministrazione USA. Che appunto sgocciola.
L'intervista di Peacereporter all'hacker H@rlock PeaceReporter - SmokyLeaks è il primo tentativo che leggo di proporre una interpretazione più approfondita. Non moltissimo a dire il vero. Non mi convince l'ipotesi che tutto ciò distragga dalla crisi mondiale, mi pare una lettura troppo generica e pure noiosa - sulla falsariga del "fedeli alla linea del complotto del capitale". Meglio il resto dell'intervista. Se dovessi avanzare un'ipotesi, a me sembra un gigantesco regolamento di conti tra pezzi dell'amministrazione USA e stati esteri. Se c'è qualcuno o qualcosa di certo colpito dalle rivelazioni è il Dipartimento di stato e il segretario del medesimo, Rodham. Dopo essersi concessi un tuffo nella massa di informazione a mo' di fontana di cioccolato, - ma quanti davvero l'hanno fatto tra i non addetti ai lavori? soprattutto quanti sono davvero riusciti a contattare quel sito? ci sarebbe da capire di più sul cui prodest, a questo punto.
Sì, c'è del lavoro per te ;-).